Relazione



LA COMETA IRAS ARAKI ALCOCK (C/1983 H1)

(1983 d)

La storia della cometa ed anche un pò di storia del G.A.V.

a cura di Michele Martellini (socio GAV)

 

Il 09 maggio 1983, durante un'osservazione visuale e fotografica di routine a cui partecipavano i membri G.A.V. Davide Martellini, Michele Martellini,  Roberto Beltramini, Stefano Del Dotto (con suo padre Franco, non socio) e  Bruno Dal Porto, alle ore 20:30 T.U., dopo aver già scattato alcune foto, Roberto Beltramini si accorge della presenza di un oggetto diffuso nella costellazione dell'Orsa Minore, ben visibile ad occhio nudo, di forma sferoidale di poco inferiore al grado di diametro, magnitudine circa +2,5, vicino alle stelle beta e gamma UMi.
Inizialmente si e' pensato ad un residuo nuvoloso dopo che infatti dai monti era avanzato e poi si era ritirato un grosso fronte nuvoloso che rischiava di coprire un cielo buono: le condizioni erano rese ancor più favorevoli dalla perfetta calma di vento.

Con l'osservazione tramite binocolo 10x50 del gruppo che avevo immediatamente puntato sull'oggetto, esso rivelava la sua vera natura: si trattava di una cometa. Di questa era ben visibile la condensazione centrale e l'alone diffuso della chioma, leggermente aperta a ventaglio verso ovest.

Negli attimi concitati che sono seguiti, si e' cercato di impostare il meglio possibile un lavoro ma purtroppo alcune cose ci sono sfuggite come il prendere l'ora esatta delle riprese fotografiche e la durata esatta delle prime esposizioni perché per un po' siamo stati senza orologi.
Infatti mentre Beltramini ed io (sprovvisti di orologi) effettuavamo le prime foto, gli altri telefonavano all'Osservatorio Astronomico di Pino Torinese per sapere qualcosa di più' sulla cometa che, stando all'articolo della rivista "l'Astronomia" del bimestre luglio-agosto 1983, era stata scoperta il 26 aprile dal satellite americano IRAS (quando l'oggetto era una pallida nuvoletta di magnitudine +7 nella costellazione del Drago), il 03 maggio, dall'inglese G.E.D. Alcock preceduto per poche ore dal giapponese Araki.
Le date di scoperta sono tali de non aver permesso ad alcuna rivista astronomica (in uscita in quei giorni) di informare gli astrofili ed e' per questo che siamo stati presi in contropiede.
Dopo qualche altra foto e l'osservazione tramite il riflettore newtoniano da 200 mm. F 1200 a 48x che mostrava perfettamente la condensazione centrale come una stella e la nebbiosità della chioma tutt'intorno, il gruppo ha preferito scindersi: mentre Del Dotto e Dal Porto rimanevano all'osservatorio ad effettuare foto sfruttando il moto orario del newtoniano, io, Davide e Roberto, una volta caricato in auto il binocolo 10x50, il riflettore newtoniano 114 mm. F 900 e gli apparecchi fotografici, si effettuava una trasferta a Passo Croce a quota 1100 m.s.l.m. circa. Lì il cielo era stupendamente limpido, la temperatura piuttosto bassa.
La cometa risaltava molto bene sullo sfondo nero del cielo e già ad occhio nudo si poteva notare un notevole spostamento dell'astro rispetto alle stelle. Montata la strumentazione, sono state realizzate varie foto ad inseguimento manuale e su cavalletto ed e' stato osservata la cometa ai 36x del telescopio che avevamo portato con noi.
Questa osservazione ci ha permesso di vedere particolari non notati dalla pianura forse a causa della minore limpidezza: sul bordo della chioma e, precisamente, sul ventaglio, si potevano osservare raggiature che dovevano essere i getti della cometa.
Col passare delle ore lo spostamento sulla volta celeste si mostrava sempre più evidente e, una volta tornati a Viareggio, all'osservatorio, intorno alle 00:30 T.U. del 10 maggio, la cometa si trovava "tra" le stelle β e γ mentre al momento in cui la vedemmo la prima volta essa formava un triangolo rettangolo con le suddette stelle, con base minore cometa-gamma.

Ed ora ecco la tabella di tutte le foto scattate quella notte alla cometa dall'osservatorio (a); seguirà quella delle esposizioni di Passo Croce (b). Per la prima serie sono state adoperate tre macchine fotografiche: una ad obiettivo fisso da 45 mm. e due reflex mentre in montagna avevamo solo la reflex del Beltramini.

Tabella (a)

N. ESPOS.  DIAF. PELLIC. FOCALE NOTE
1   46" 3.5 EKT 200 35 mm CAVALLETTO
40" 1.8 EKT 200 50 mm CAVALLETTO
3 20" 3.5 EKT 200 100 mm MOTO ORARIO
240" 3.5 EKT 400 200 mm CAVALLETTO
5 60" 3.5 EKT 200 100 mm CAVALLETTO
6 80" 3.5 EKT 200 35 mm CAVALLETTO
7 180" 3.5 EKT 400 200 mm MOTO ORARIO
8 120" 2.8 NEG 400 45 mm MOTO ORARIO
9 180" 3.5 EKT 400 200 mm MOTO ORARIO
10 120" 3.5 EKT 400 200 mm MOTO ORARIO

Tabella (b)

N. ESPOS. DIAF. PELLIC. FOCALE NOTE
1 16" 3.5 EKT 200 100 mm CAVALLETTO
2 40" 3.5 EKT 200 35 mm CAVALLETTO
3 40" 1.8 EKT 200 50 mm CAVALLETTO
4 120" 1.8 EKT 200 50 mm INSEG. MAN.
5 210" 1.8 EKT 200 50 mm INSEG. MAN.
6 120" 3.5 EKT 200 100 mm INSEG. MAN.
7 180" 3.5 EKT 200 100 mm INSEG. MAN.

 

La sera dei giorni 10 e 11 e' brutto tempo e non si può' osservare la cometa.

Il giorno 11 l'astro e' passato alla minima distanza dalla Terra (0.03 U.A.= 4.600.000 Km circa). Il 12 maggio e' finalmente bello ma più per un intervallo fra perturbazioni che per un instaurarsi di uno stabile campo di alta pressione. Cosi io, Roberto e Davide decidiamo di partire alla volta di Passo Croce mentre all'osservatorio e a Capezzano (a casa del Dal Porto) avrebbero operato altri due gruppi che però non sono riusciti a localizzare la cometa a causa della foschia.
La cometa quel giorno si trovava nella costellazione dell'Idra ed aveva una magnitudine compresa fra 3 e 4, secondo mie stime. Noi da Passo Croce abbiamo potuto vederla sebbene su questa osservazione abbia gravato per un po' un dubbio che poi, con alcune considerazioni fatte successivamente, ho dissipato.
Infatti, scendendo dall'auto, abbiamo creduto di vederla ad occhio nudo. Puntando il binocolo 10x50 di Roberto, però, ci si accorgeva che si trattava dell'ammasso aperto M 44. Mentre si faceva questa constatazione, vedevo una "nebbietta" più a sud del suddetto ammasso, un poco più a sinistra della verticale con vertice in M 44.
Il binocolo forniva allora l'immagine di una "sfera" nebbiosa molto evanescente di discrete dimensioni. Dunque dovrebbe essere stata la cometa. Il dubbio era che si trattasse di M 67, ammasso aperto di 15' di diametro descritto come una macchia nebbiosa ai binocoli.
A favore della cometa ci sono i seguenti elementi: primo di tutto le dimensioni dell'oggetto osservato che tutti eravamo concordi nel giudicare assai rilevanti (mentre 15' in un binocolo risultano assai piccoli); poi c'è il fatto dell'evanescenza dell'immagine che invece, nel caso di M 67, avrebbe dovuto essere più compatta e densa; infine, la cosa più importante è che noi abbiamo puntato in quella zona di cielo perché è stato visto qualcosa ad occhio nudo mentre M 67 non è osservabile ad occhio nudo.
Questa è stata l'ultima volta che abbiamo visto la cometa perché, abbassandosi sempre più nelle foschie dell'orizzonte sud-ovest, si perdeva nei giorni successivi in corrispondenza della costellazione australe della Poppa.
In questa occasione l'osservazione è potuta avvenire solo con i binocoli in quanto, mentre montavamo il telescopio, sopraggiungevano nuvole che compromettevano in breve tempo ed irrimediabilmente la situazione.
Per lo stesso motivo abbiamo potuto prendere solo alcune istantanee di pochi secondi di esposizione ciascuna.

 Tabella (c)

N.  ESPOS.  DIAF. PELLIC. FOCALE NOTE
1 10" 3.5 EKT 400 100 mm CAVALLETTO
2 17" 3.5 EKT 400 100 mm CAVALLETTO
3 10" 3.5 EKT 400 100 mm CAVALLETTO

Il perielio è avvenuto il 21 maggio 1983 quando la cometa è passata a 0.9913 U.A. (147.000.000 Km. circa) dal Sole e questo, oltre forse a particolari condizioni prospettiche, non ha permesso di osservare la coda.
Il valore dell'inclinazione è stato calcolato in valore insolito per una cometa: 73.3786°. Il periodo di visibilità ad occhio nudo è cominciato l'8 maggio:  la cometa aveva un diametro di 20' ed una magnitudine di +3.5/4.0 e si spostava tra le stelle ω e ζ  del Drago.
La notte del 10 maggio il diametro apparente è stato stimato da alcuni osservatori (che si trovavano a circa 10 Km da un grosso centro abitato) 1.5° e da altri (situati in zone più buie), ben 3°: questi valori fanno oscillare la stima del diametro lineare della testa cometaria da 120.000 Km. a 240.000 Km.
Il giorno 11 la cometa era nella costellazione del Cancro. La Iras-Araki-Alcock è tra le comete che più si sono avvicinate alla Terra in questo millennio. Infatti, davanti a sé vede solo le comete P/Lexell (2.300.000 Km.), Tempel-Tuttle (3.500.000 Km.) e Grischow (4.100.000 Km.) rispettivamente negli anni 1770, 1366, 1743.
Tra le prime osservazioni sono da segnalare quelle compiute da Mt. Palomar dove alcune lastre hanno mostrato una forte condensazione centrale e una chioma debolmente asimmetrica di circa 2' di diametro con la parte più densa rivoltata verso nord-est.

Iras Araki Alcock
Foto a8 – La Iras-Araki-Alcock ripresa dall'osservatorio di Via del Magazzeno a Lido di Camaiore la sera tra il 9 e il 10 maggio 1983 con obiettivo 45 mm. Posa 120”

In totale le foto scattate alla cometa dal G.A.V. sono state 20 ma solo 2 diapositive e una foto a colori su pellicola

 invertibile realizzata con apparecchio ad obbiettivo fisso, sono risultate buone.
In particolare sono venute bene (relativamente alla strumentazione usata) le pose a8, b4 e b5.

 Le altre non sono riuscite per molteplici motivi: luminosità scarsa degli obiettivi usati in relazione ai tempi di posa, pellicola scarsamente sensibile, imperfetto inseguimento dovuto ad imprecisione del moto orario del newtoniano non perfettamente posizionato (anche se, il "mosso" non risulta eccessivo).
Dalle poche foto buone, si possono fare alcune considerazioni su questa cometa. L'immagine a8 e' stata ripresa quando io, Davide e Roberto stavamo viaggiando per Passo Croce e le immagini b4 e b5 sono state scattate circa 1,5 - 2 ore dopo. Questo scarto di tempo ha permesso di evidenziare lo spostamento della cometa che in base a misurazioni compiute appare essere i circa 80', indice di alta velocità angolare causata dalla notevole vicinanza alla Terra.

La notte del 10 maggio tale velocità ha raggiunto ben 120' orari (informazione da "l'Astronomia"). Sulle foto, la cometa appare di colore verde azzurrognolo.
Mentre la foto a8 mostra una cometa con chioma molto densa dove spicca chiaramente la condensazione centrale e dove è ben evidente l'allargamento della chioma verso ovest, le foto b4 e b5, mostrano molto bene la condensazione centrale ma una chioma molto tenue tanto da permettere di vedere due stelline poste dietro.
Grazie a questa scarsa densità dell'immagine, una stampa negativa di questa  diapositiva (cioè la stampa in bianco e nero della diapositiva a colori) riesce ad evidenziare i getti già osservati da Passo Croce dei quali uno particolarmente lungo e denso.

Iras Araki Alcock
Foto b5 – La Iras-Araki-Alcock ripresa dal Passo Croce la notte tra il 9 e il 10 maggio 1983 con obiettivo 50 mm. Posa 210”

Data la brevità del periodo in cui l'astro è stato osservabile (considerando anche il tempo perturbato che interessava mezza Europa), ci sono state serie difficoltà nel calcolare l'eccentricità dell'orbita come si può leggere su “Coelvum” n° 7-8 del luglio-agosto 1983  che riporta gli estratti delle circolare IAU 3797 – 3811: “benché le informazioni si accumulassero (sulla posizione) non si riusciva a calcolare in modo univoco l'eccentricità dell'orbita”.

Vi sono molte altre informazioni che vale la pena riportare.

Inizialmente l'oggetto visto dal satellite IRAS era stato scambiato per un asteroide e J. Devies comunicò la scoperta a diversi osservatori ma nessuna notizia giunse al Central Bureau for Atronomical Telegrams.
Il 27 aprile veniva confermata la presenza dell'oggetto da T. Oja che stabiliva che si trattava di una cometa. Il 2 maggio venivano prese due lastre a Palomar (J. Gibson) ma prima che venissero analizzati i dati, giungevano i telegrammi di scoperta di Araki e di Alcock così che solo il 4 maggio veniva data notizia della scoperta.
Osservazioni compiute da V. Smith al Mc Donald Observatory col riflettore da 2.7 metri, mostravano che il nucleo della cometa è estremamente compatto e che l'emissione è dominata dalla luce solare riflessa cui si aggiunge quella del C2 . Il 9 maggio B.G. Marsden, con i dati disponibili calcolava gli elementi parabolici dell'orbita che oltre l'inclinazione di cui abbiamo già detto comprendono: ω= 192.7870°, Ω= 49.3992° (epoca 1950.0), e= 0.98. Si hanno anche i dati sul tasso di produzione di alcune molecole, utili per la determinazione della sensibilità necessaria per effettuare osservazioni radio:

TASSO DI PRODUZIONE     OH    9*1027 mol/sec.

TASSO DI PRODUZIONE     CN    5*1025 mol/sec.

Spettri ottenuti col satellite IUE mostrano righe di emissione dovute ad L-α, S (debole), CS (assai forte), CO2 ed OH,

Iras Araki Alcock
Riproduzione in negativo e fortemente ingrandita dell'immagine b5.  Si osservano i getti, uno dei quali assai denso e prospetticamente diretto verso un stella di campo.

 con un continuo molto debole. E' da queste osservazioni che veniva maturata la convinzione che la cometa non sia nuova, che non sia, cioè, al suo primo passaggio all'interno del Sistema Solare. Osservazioni polarimetriche del 5 e 6 maggio, effettuate al telescopio da 1 metro di Mt. Lemmon, danno una polarizzazione lineare più marcata in V, R, I (circa 25%) rispetto alle bande U e B. Ulteriori spettri nel range 380 – 640 nm, con una risoluzione di 0.8 nm, confermano le emissioni già rilevate.
L'11.16 maggio la cometa raggiunge la magnitudine 2.4e la sua chioma ha un'estensione di circa 3° (confermando osservazioni già riportate più sopra). Ricercatori dell'Università delle isole Hawaii, nelle notti tra il 6 e l'8 maggio, hanno effettuato osservazioni fotometriche su tutte le bande comprese fra 3.3 e 20 μm.
I dati ottenuti fittano con buona approssimazione  una emissione di corpo nero con T= 300 °K e non mostrano la caratteristica emissione attribuibile ai silicati-Infine, ricercatori del Goddard  Space Flight Center comunicano che ulteriori osservazioni della cometa fatte col satellite IUE hanno consentito l'identificazione di un'emissione proveniente da una regione centrale estremamente ristretta, dell'ordina dei 100 Km., attribuibile a S2.
E' stato pure calcolato un radiante da cui dovevano partire meteore originate dalla cometa: A.R. 289°, decl. +44°, massima attività il 10.1 maggio 1983. P.M. Millman riporta però che non è stata segnalata alcuna attività meteorica mentre  J. Drummond avrebbe registrato un aumento del tasso orario fra il 9 e il 10 maggio 1983.
L'11.2 maggio lavorando ad ingrandimenti superiori a 1000, S.M. Larson, col riflettore da 1.5 mt. Ha osservato la condensazione centrale, rilevando un disco uniforme di 0.5” con bordi netti che non poteva essere considerato il nucleo fisico (anche se il diametro di quanto osservato risultava di soli 12 Km.) dato che non mostrava la fase (prevista di 96°).
La IAUC 3915 fornisce una notizia riguardante l'analisi di quattro spettri ottenuti col telescopio  da 1.82 metri di Asiago il 9 maggio. Essi hanno consentito di rilevare circa 50 righe non conosciute.
Il range spettrale  era 380-850 nm con risoluzione di 0.6 nm: sono state accertate le nuove molecole dell'HCO a 483.3 – 483.8 nm e dell'H2S+ mentre si sospettano quelle di H2CO, S2, NH4. Dal libro di Paolo Maffei intitolato “La Cometa di Halley” si apprende quanto segue: “..il grande avvicinamento della cometa ha offerto l'eccezionale opportunità di osservarla con alto potere risolutivo. Mentre fino ad ora, nei casi migliori, i telescopi avevano potuto mostrare due punti di una cometa distanti fra loro 1000 Km., questa volta si potevano separare punti distanti appena 20 Km.
Non si è potuto scoprire il nucleo del diametro evidentemente inferiore a 20 Km. Ma si è potuto osservare per la prima volta le zone immediatamente adiacenti e analizzare spettroscopicamente i gas componenti.
E' per questo che  oltre alle citate,possiamo annoverare fra le molecole scoperte quelle del CS2 e diverse molecole madri come NH3, H2O che possono essere trovate solo in vicinanza al nucleo, prima di essere dissociate in molecole “figlie” da parte della radiazione solare.
Sempre col telescopio da 1.82 m. di Asiago, C. Cosmovici ed S. Ortolani, hanno fatto una singolare scoperta fotografando la parte della testa più vicina al nucleo. In prossimità di questo i gas sono distribuiti secondo una piccola coda che però al contrario di quelle grandi ben note, è diretta verso il Sole.
La cosa si spiega semplicemente con l'ipotesi di F.L. Whipple. Infatti la parte del nucleo ghiacciato esposta direttamente all'azione del Sole evapora molto più rapidamente della parte opposta fredda.
Il fatto poi che la direzione di questa non sia esattamente quella del Sole è dovuto alla rotazione del nucleo”.


 

Ultimo aggiornamento 05-06-2015
 


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